La notizia è che l’Assemblea della Lega di Serie A ha approvato un taglio degli stipendi del 30% se la stagione non dovesse concludersi e del 17% (due mensilità) nel caso in cui la stagione venisse comunque ultimata.
Questa risoluzione prevede che i Club possano accordarsi con i calciatori per tagli inferiori ma non superiori: l’Assemblea ha votato all’unanimità.
La reazione dell’Associazione Calciatori è stata netta e perentoria, Tommasi l’ha ritenuta addirittura vergognosa.
Per la cronaca, Tommasi sostiene che a pagare il peso della crisi siano soltanto i calciatori e che “il sistema” si è così messo al sicuro sulle spalle dei suoi “assistiti”.
Certo è che nel calcio di vergognoso c’è tanto: non il solito argomento qualunquista sugli elevati stipendi dei calciatori (qui parliamo di Serie A) ma, certamente, una riflessione sui tempi che corrono e quelli che, inevitabilmente, correranno.
Prima di Tommasi era stato Lionel Messi a sollevare il tema ma con un taglio certamente più sostenibile: l’asso argentino aveva ritenuto inopportuno far credere all’opinione pubblica che i calciatori non stessero ponendosi già il problema con i propri club, spesso venendosi incontro. E’ chiaro che esistono situazioni diverse, scadenze contrattuali diverse, ingaggi diversi, premi differenti, società più sane e società meno sane.
L’intervento di Tommasi è stato sbagliato nei modi e nei toni anche se, bisogna riconoscere, il calcio avrebbe dovuto fare riflessioni più profonde sui perchè di tante situazioni scabrose e soprattutto il calcio italiano dovrebbe riflettere sull’eccessiva dipendenza dai diritti televisivi.
Intendiamoci, il tema è lo stesso per tutti i principali campionati europei ma lì, spesso, i diritti TV pesano meno in termini percentuali sui bilanci delle società.
In un momento di crisi è importante che le soluzioni di emergenza non siano un pretesto per calpestare dei diritti ma Tommasi dovrebbe anche considerare la condizione generale del paese dove lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori dovranno fare rinunce, rimboccarsi le maniche e faticare non poco per rivedere la luce.
Forse, e dico forse, i calciatori sono stati più disponibili del proprio sindacato.
La “battaglia” è solo all’inizio e siamo certi che, nell’immediato futuro, avremo modo di riparlarne e che ne vedremo delle belle.