I Golden State Warriors hanno battuto i Celtic Boston 107-88 e hanno pareggiato il conto (1-1) dando un avvertimento agli avversari: quando parte la rumba, i Warriors possono segnare da qualsiasi parte e farlo a ripetizione.
Boston non è riuscita ad adattarsi fin da subito ai tanti canestri dei padroni di casa e ha perso via via i suoi riferimenti: tre giorni fa il trio formato da Al Horford, Derrick White e Marcus Smart aveva messo insieme 65 punti. Stavolta si sono fermati a sedici punti in tre. Horford è passato dai 26 di Gara1 ai 2 di stanotte. Jayson Tatum (28 punti) ha guidato la squadra nel primo tempo, quando aveva messo a segno 21 punti sui 47 della squadra, ma poi è rimasto isolato nella ripresa, finendo in panchina con molti minuti ancora da giocare, segno che il coach, Ime Udoka, aveva capito con il tiro di Poole che la partita era ormai andata.
Se Boston si è sfilacciata, Golden State ha ritrovato i suoi uomini: i 29 punti di Curry, i 17 di Poole, 11 di Klay Thompson, 12 di Kevon Looney e 11 di Andrew Wiggins a cui si sono aggiunti i 6 di Nemanja Bjelica, messo in campo in avvio a conferma che Kerr cercava maggiore peso sotto canestro.
La partita si è decisa, appunto, nel terzo quarto dominato dai Warriors per 35-14, con 7-12 da tre contro il misero 2-8 di Boston. Ma anche in difesa i padroni di casa hanno messo quell’intensità mancata in Gara 1.
La facilità con cui sono arrivati i canestri, con il 40,5 per cento di conclusioni vincenti da tre punti (15 su 37) – ma potevano essere da quattro o cinque punti se ci fosse un regolamento circense – conferma che quando i Warriors giocano da Warriors diventa impossibile fermarli. Mercoledì le Finals si trasferiscono a Boston per Gara 3.















