Quando se ne va un “signore” del calcio è sempre difficile raccontarne le gesta, tra vittorie e fallimenti, tra frasi cult e video che ricordano i momenti più importanti. C’è sempre una raccolta di commiato, chi ricorda un evento, chi un altro, chi un altro ancora.ù
Il signore del calcio che ci lascia (in questo caso un signore con la “s” maiuscola come quella del primo nome Sven, seguito da Goran Eriksson), a differenza di altre celebrità connesse al mondo dello sport, ci trasmette un senso di vuoto, come se la sua dipartita chiudesse definitivamente un periodo, un modo di vivere il calcio stesso, ci ricorda che alcuni tempi e momenti non potranno tornare più.
Sven Goran Eriksson è stato un vero signore del calcio, un leader silenzioso e calmo che non riusciva a mascherare i momenti di disagio o rabbia a causa di una sensibilità superiore alla media che portava i suoi vasi sanguigni a ricoprirgli le guance di grandi macchie rosse.
Una persona pacata e intelligente, che sapeva incanalare al meglio i flussi dei messaggi che voleva mandare ai suoi giocatori e non solo, anche ai tifosi e ai giornalisti.
Era un piacere avere a che fare con la sua gentilezza, con il suo modo di essere sempre disponibile. Sarà stato il suo Dna scandinavo, chissà, ma davvero era impossibile scrutare in lui diffidenza e distacco.
E, in un paese come il nostro che vive il calcio su frequenze altissime di tensione e polemica, lui è stato come un fiore giallo in un prato ricolmo di fiori rossi.
Ha voluto lasciare questo mondo andando a far visita ai suoi tifosi storici, poche settimane fa, perché sapeva che il suo tempo stava per finire. E, prima di andarsene definitivamente, ci ha lasciato il suo ultimo messaggio, con tutto il carico ironico che portava con sé: “Sono fortunato, parlano bene di me mentre sono ancora vivo”.
Ci mancherai Sven, ci mancherà sapere che eri ancora da qualche parte a insegnare a vivere il calcio con signorilità e rispetto.