I “segnali di fumo” che si ricevono dalle associazioni professionistiche e dalle federazioni che controllano i tornei dello Slam ancora in ballo in questo disastrato 2020 (ovvero la Federazione Francese e la USTA statunitense), sembrano suggerire un cambiamento di rotta per la ripartenza della stagione, che sarebbe prevista tra fine estate-inizio autunno.
A quanto pare l’ago della bilancia sembra essere lo US Open: se la USTA dovesse riuscire a trovare il modo di far disputare il torneo, tutto il circuito potrebbe seguire la scia dello Slam americano e far ripartire il circo tennistico, a patto naturalmente che la Federazione Americana riesca nella straordinaria impresa di creare una situazione di relativa sicurezza per giocatori e staff nella quale si possa gareggiare senza sostanziali problemi.
Per lo US Open i due tabelloni principali (maschile e femminile), non si toccano, mentre è in discussione la possibilità di cancellare sia le qualificazioni, sia il doppio. Sicuramente sarebbero cancellati i tornei giovanili e le esibizioni delle “leggende”.
Resta valida l’idea di contenere i giocatori in uno o più alberghi per tutto il tempo al di fuori dell’area metropolitana di New York, a carico dell’organizzazione (una novità per la USTA).
Previsti voli charter e test sierologici prima dell’imbarco e per tutto il periodo di permanenza, sfruttando l’apertura concessa dal governo all’ingresso dei giocatori professionisti per partecipare ad eventi sportivi di alto livello.
Molto probabile che giudici di sedia e supervisori possano essere solo di nazionalità statunitense, ma non è esclusa l’ipotesi di eliminare o ridurre il numero dei giudici di linea, mentre i ball-boys dovrebbero “sopravvivere”, ma solo adulti.